Il lemoncello di Giorgio

La memoria dell’acqua

Dopo una laboriosa ricerca ha visto la luce, nel corso dell’anno 2015, un progetto 

inteso a mappare le antiche sorgenti esistite ed, in alcuni casi, oggi poco identificabili,

sull’Altipiano delle Rocche; note ancora forse soltanto  alle persone meno giovani

che da ragazzi hanno avuto la necessità di utilizzarle per svolgere attività domestiche,

agricole e pastorali in aiuto a nonni e genitori. 

Proprio per non far perdere la memoria del vissuto del nostro territorio è stato ritenuto

importante indicare questi siti con appositi cartelli illustrativi.

Può sembrare a prima vista una cosa da niente o un modo per sperperare le risorse

pubbliche; invece debbono essere elogiati gli ideatori che hanno saputo cogliere negli

ingarbugliati bandi europei  queste opportunità che non sempre consentono

l’utilizzo di maggiori risorse per la riqualificazione delle sorgenti stesse.

Altro particolare non trascurabile è che i siti debbono essere visitabili e raggiungibili

con automezzi a beneficio anche delle persone con difficoltà di deambulazione.

Insomma questa è la Comunità Europea, resa incomprensibile alle piccole identità locali,

dai professionisti della politica e della burocrazia asserviti al dominio della finanza! 

Auguriamoci un futuro migliore ed una buona estate.  

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Da L’amico Fritz – Commedia lirica in 3 atti  di P. Suardon – musiche di P. Mascagni

Stralcio dal duetto delle ciliegie:

Fritz: Tutto tace,// eppure tutto al cor mi parla…// Questa pace// fuor di qui, dove trovarla?//

         Tu sei bella, o stagion primaverile!// Rinnovella // fiori e amor il dolce aprile!

Cartellonistica posizionata nei pressi della Fonte vecchia


La comare Morte

In un grande paese vivevano due fratelli entrambi coniugati; il maggiore era senza prole ed il secondo invece molto prolifico.Ovviamente il benessere abbondava nella casa del primo e la

miseria non abbandonava mai quella del secondo.

Spesso il fratello ricco richiedeva prestazioni  lavorative  ai nipoti con la

scusa di voler aiutare la famiglia bisognosa, ma i ragazzi acconsentivano

malvolentieri perché a casa dello zio ricco venivano sfruttati e pativano anche la fame.

Nell’imminenza della nascita del decimo figlio, il fratello povero decise di

andare alla ricerca di un compare giusto per questa ennesima bocca da sfamare.

Per primo incontrò un signore al quale rivelò quella singolare intenzione, questi

subito si propose come compare affermando di essere Gesù Cristo e che più

giusto di lui non esisteva persona al mondo. Il poveretto rifiutò dicendo:

“No, mi dispiace ma neanche tu fai le cose giuste”. Di seguito incontrò una

signora alla quale manifestò l’idea ed anche questa si propose come comare

dicendo di essere la Madonna e di fare le cose giuste. Ma anche alla Madonna

ribatté: “No, mi dispiace ma non fai le cose giuste”.

Ad un certo punto del cammino incontrò una donna vestita di nero con una falce

in mano; espose anche a questa il suo progetto e la stessa rispose: “Ma allora sono io,

eccomi pronta!” e lui di rimando: “ Perchè? Tu chi sei?” – “ Io sono la Morte”.

Il povero diavolo osservò: “ Beh, neanche tu le fai troppo giuste le cose, però sei la meno

ingiusta; ti accetto come comare”. Fatto l’accordo il padre di famiglia subito avanzò la

richiesta di aiuto per migliorare la condizione familiare. La comare Morte, oramai incastrata, non

potè tirarsi indietro e disse: “Ecco prendi questo libro di medicina, questo cappello a tuba e spacciati per dottore; quando verrai chiamato al capezzale di un malato, guarda in fondo alla stanza, se non mi vedi presente apri il libro e prescrivigli qualsiasi medicina perché guarirà. Se invece mi vedi  nella stanza esprimi il tuo rammarico per la malasorte e prepara i familiari per il triste evento”.

Così facendo cominciò a riscuotere la fiducia dei primi clienti che lo ricompensavano come potevano ed anche la famiglia iniziò a risollevarsi; pian piano vide crescere la sua fama in tutto

il paese fino ad arrivare alla corte del re. Il re aveva una bellissima figlia purtroppo afflitta da

un male misterioso da lungo tempo e nessuno dei costosissimi luminari chiamati a corte era

riuscito a guarire. Un giorno allora, con la tuba sul capo e con il libro sotto al braccio, si mise a passeggiare davanti al palazzo reale. Il ciambellano lo notò e convinse il sovrano a richiedere

al dottore, di cui aveva sentito dire un gran bene, un consulto per la principessina.

Una volta entrato, non vedendo nella stanza la comare morte, rinfrancò il sovrano e prescrisse

un comunissimo sciroppo. In poco tempo la giovane rinvigorì.

Il re, felicissimo, ricompensò abbondantemente il povero dottore sino a farlo diventare ricco.

Intanto il tempo era passato, i figli erano cresciuti e quasi tutti sistemati.

Arrivò un giorno in cui il fratello maggiore si mise a letto ammalato e la moglie preoccupata

chiamò il cognato per farlo visitare. Una volta entrato nella stanza vide nel fondo della stessa 

la comare morte e dopo averlo visitato gli disse: “Fra’ vedi che devi fare (un pochino interessato per le ricchezze che ancora possedeva)  perché la tua ora è arrivata!” “ Ma che dici? Tu sei un cialtrone, buono a nulla – replicò il moribondo – non posso crederti! ”

La sentenza fraterna fu però inappellabile ed il possidente dovette spossessarsi di tutti i beni terreni.

Passò qualche anno ed un bel giorno il fortunato dottore fu costretto a restare a letto accusando un leggero affaticamento; allora gli apparì la comare morte dicendogli: “Caro compare è tempo

ormai anche per te di venire con me”. Il poveretto provò a protestare: “Ma come, tocca proprio a me che ti ho scelto come comare? Allora che comare sei? Dammi un poco di tempo, almeno per sistemare anche il tuo comparuccio che è quasi adulto”. Ribatté la comare morte: “Ma come?

non mi hai scelto forse perché ero quella che facevo le cose più giuste? Fai il bravo, ora ti tocca,

vieni con me”. E tutti…. morirono felici e contenti!

 Dalla Turandot di G. Puccini

la famosissima romanza del Principe Calaf

Nessun dorma! Nessun dorma!

Tu pure, o Principessa,

nella tua fredda stanza guardi le stelle

che tremano d’amore e di speranza…

Ma il mio mistero è chiuso in me,

il nome mio nessun saprà!

No, No sulla tua bocca lo dirò,

quando la luce splenderà…

Ed il mio bacio scioglierà

il silenzio che ti fa mia.

Le donne (coro)

Il nome suo nessun saprà…

E noi dovrem, ahimè, morir, morir!

Calaf

Dilegua, o  notte! Tramontate, stelle!

All’ alba vincerò! Vincerò!Vincerò!
(Giorgio Lucantonio)